Le
Argonautiche
LA
TRAMA DELL'OPERA
Le "Argonautiche"
sono un poema
epico in quattro canti conservati integralmente; esso tratta del viaggio
di Giasone e dei suoi compagni sulla nave Argo fino alla Colchide, un paese
barbaro sul Mar Egeo in cui è custodito il Vello d'Oro, che l'eroe
deve portare un Grecia. Ma l'epicentro artistico dell'opera è costituito
dall'amore
di Medea,
figlia del re della Colchide, per Giasone:
amore
che la porta a rinunciare alla sua patria e a decretare la morte del fratello
pur di aiutare l'amato, che effettivamente riesce a conquistare il Vello
d'Oro e a ritornare poi in patria assieme alla fanciulla.
STRUTTURA
E MODI DELLA NARRAZIONE
Apollonio
rivoluziona il linguaggio dell'epica,
sostituendo alla narrazione lineare omerica una narrazione episodica e
digressiva. Attraverso gli "aitia" (narrazioni di fatti mitici che
spiegano l'origine di toponomastica, culti e riti), egli crea una contaminazione
tra passato mitico e presente storico.
Inoltre,
il tempo della narrazione è duplice: alla narrazione lenta e digressiva
della prima parte, che racconta il viaggio di andata, segue quella lineare
della vicenda di Giasone
e Medea, attenta a cogliere la dimensione psicologica dei due protagonisti.
Successivamente, il drammatico evolversi dei fatti e la fuga sono narrati
con ritmi incalzanti e tempi sempre più serrati.
Con
la sua inclinazione alla drammatizzazione, Apollonio
dà più importanza alla preparazione dell'azione che all'azione
in sè; delle scene tipiche omeriche, invece, rimangono solo scorci
o accenni, oppure ne vengono messi in rilievo aspetti non tradizionali.
Frequentemente
l'autore interviene in prima persona per incitare se stesso a tornare alla
vicenda principale dopo una digressione troppo estesa, o per congedare
un tema che non è lecito narrare, con un procedimento che ricorda
Pindaro.
LINGUA
E STILE
La
lingua di Apollonio
può essere definita omerica per scelta di Apollonio
stesso, visto l'utilizzo del genere
epico, ma è comunque una lingua che dall'epica
e dagli scritti precedenti vuole indubbiamente differenziarsi.
Rispetto
a Omero, il periodo risulta più complesso e l'ipotassi tende a prevalere
nettamente sulla paratassi. Inoltre, Apollonio
propone continue variationes alle formule omeriche, che talvolta
vengono addirittura sostituite da sequenze descrittive. Completamente ignorato,
invece, è lo stretto rapporto tra nome ed epiteto tipico dei poemi
omerici: ancora una volta ad avere la meglio è l'utilizzo di espressioni
sempre nuove e talvolta addirittura sorprendenti.
TEMI
PRESENTI NELL'OPERA
Anche
da un punto di vista tematico, Apollonio
si dimostra un innovatore del genere
epico. Innanzitutto egli parla di amore,
quell'eros
che il poema omerico aveva sempre accuratamente evitato. In più,
tratta dell'amore
di una donna, Medea,
un personaggio che si evolve dal punto di vista psicologico e che alla
fine risulta essere la vera eroina
del poema, in contrasto con una tradizione che la poneva ai margini della
società e del mondo eroico.
Quello
che dovrebbe essere l'eroe
di modello omerico, poi, vale a dire Giasone,
si configura invece come un anti-eroe
incapace di agire e di decidere, e che più che altro prepara l'eroe
virgiliano Enea, anch'egli sempre assalito dal dubbio.
Per
finire, alla casualità divina dell'epos
omerico subentra una casualità logico-scientifica che mette in secondo
piano gli dei, che non intervengono e non si preoccupano delle vicende
umane. Importante, al contrario, è il ruolo del fato ("Tyche"),
visto come un potere oscuro e minaccioso che produce azioni di cui gli
uomini sono inconsapevoli. Da qui, l'inquieto pessimismo che domina le
"Argonautiche".
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